INTERVISTA A JOE MOREIRA
Pubblicata sul numero 23 anno 2004 di Sphinx Magazine
Versione Completa
Ho appena finito di allenarmi con Fabiano Iha (atleta dell UFC e del Pride che sarà sul prossimo numero di Sphinx Magazine) che mi catapulto sulla macchina pronto ad incontrare un grande Maestro del Jiu Jitsu brasiliano: Joe Moreira. All'appuntamento si presenta sorseggiando un frappè di una nota compagnia di fast food della California e a me viene un dubbio... come può un atleta mangiare cibi cucinati nei fast food? Non sono forse troppo calorici? Ci sediamo e discorriamo del mio arrivo in California: scopro una persona estremamente disponibile e semplice. Mi aspettavo un personaggio consapevole della sua qualità di maestro, che mi parlasse guardandomi dall'alto verso il basso e invece ho conosciuto un uomo amichevole e sorridente. Nella lezione che segue mi illustra così tante tecniche che la fatica è quasi più mentale che fisica... Dopo la lezione incomincio a intervistarlo e lui , sorseggiando un altro frappe , questa volta di proteine , scherza , ride e fa battute sulle cose più disparate. Mi mette a mio agio cancellando ogni possibile traccia della figura altezzosa di Maestro di Arti Marziali.
Lieto del rapporto instauratosi, incomincio con una raffica incessante di domande.
A: Alberto Ceretto
K: Joe Moreira
A: Puoi raccontarmi qualcosa delle tue "esperienze marziali" e dei tuoi primi allenamenti?
J: Ho incominciato a praticare il jiu jitsu brasiliano all'età di cinque anni, con mio fratello. All'epoca egli era preoccupato per me, perché molti bambini della mia zona venivano usati per vendere droga e, quindi, per tenermi lontano dai guai e lontano dalla "cattiva strada", mi insegnò il judo e il jiu jitsu. Dopo avermi allenato per un po’ personalmente mi portò nella scuola di Mauricio Lacerda. In seguito frequentai le palestre di Rolls Gracie e di Reylson Gracie, presso le quali ottenni le varie cinture e i gradi.
A: Come hai incominciato a combattere nel Vale Tudo e poi nell’UFC ?
J: Quando ero in Brasile cercavo di competere in ogni torneo. Gareggiai moltissimo nel judo perché allora non c’erano così tanti tornei di jiu jitsu come oggi. Feci parte della nazionale brasiliana di Judo e della squadra che partecipò alle olimpiadi del 1984 a Los Angeles. Tutta la mia vita agonistica e i miei allenamenti si sono sempre concentrati sull’uso del kimono (gi). Tredici anni fa, ossia quando mi sono trasferito in America, ho visto che l’NHB (No Holds Barred, Vale Tudo) era ben visto dalla gente, contrariamente a quanto accadeva in Brasile dove il Vale Tudo era sinonimo di teppista da strada. Quando arrivai qui incominciai ad insegnare e vennero molte persone a sfidarmi e a testare il mio jiu jitsu. Un giorno si presentò un giapponese, campione del suo paese di varie discipline, e mi sfidò. L’incontro durò pochissimo perché gli tirai un calcio al viso dopo trenta secondi mettendolo KO. Dopo quell’episodio lui volle diventare mio allievo e incominciai a trasmettergli il mio jiu jitsu. Proprio grazie a lui però fui invitato a combattere tre volte in Giappone nel Free Fight. Feci vari incontri in America finché fui invitato a partecipare all’UFC 8. Quando presi parte a quel torneo non sapevo bene cosa fosse. Ci andai per curiosità pur non essendo assolutamente preparato. Quando entrai nella gabbia rimasi esterrefatto dalla grandiosità dell’evento. Dopo di allora combattei a Portorico dove gareggia con un avversario che pesava il doppio di me. Feci altri incontri di Vale Tudo in Brasile e poi partecipai di nuovo all’UFC 14.
A: Chi è stata la persona che ha influenzato maggiormente la tua vita marziale?
J: Sicuramente mio fratello. Lui mi ha sempre spronato a combattere, accompagnandomi a tutte le gare. Mi stava sempre dietro e mi ha aiutato molto nell’allenamento.
A: Puoi dirmi come erano gli allenamenti in Brasile, se più o meno faticosi, di quelli che fai qui in California?
J: Qui mi sono allenato il doppio rispetto a quando vivevo in Brasile. Là mi allenavo diversamente. E’ come da voi il calcio: tutti ci giocano ma pochi sono quelli che riescono a praticarlo professionalmente. Così era il jiu jitsu in Brasile. Ora è molto cambiato. Appena sono venuto in America mi sono dovuto allenare da professionista, in quanto dovevo combattere in grossi eventi come l’UFC. In Brasile, non provenendo da una famiglia ricca, oltre che allenarmi dovevo, studiare e lavorare. Decisi così di guadagnarmi da vivere con il jiu jitsu. Quale sistema migliore, allora dell’insegnamento? Detto fatto. La mattina mi alzavo e andavo a scuola, il pomeriggio insegnavo ai bambini e la sera mi allenavo.
A: So che sei il Presidente di una delle più grosse federazioni di jiu jitsu brasiliano, quando nacque questa federazione e per quale motivo?
J: Il mio sogno, sin da quando ero piccolo, era di far diventare questo sport importante. Quando gareggiavo nel judo, non capivo perché il jiu jitsu non potesse avere gare e giochi olimpici organizzati altrettanto bene. Ho sempre adorato il mio sport, ed è per me linfa vitale. Creai la federazione appena venni a vivere in California. Prima di fare ciò avevo preso parte in Brasile a un mega torneo in cui combattevano i migliori atleti come Renzo Gracie, i fratelli Machado , Royler Gracie e moltissimi altri grandi nomi, che allora erano solo cinture blu, tutti riuniti. Quando mi trasferii in California decisi che qualcosa di analogo doveva avvenire anche qui negli Stati Uniti. La cosa, purtroppo, non fu così semplice. I Machado e i Gracie organizzavano competizioni solo per i loro allievi, così dovetti creare la federazione per poter organizzare le prime gare aperte a tutti, a prescindere della scuola di appartenenza. Ora i tornei organizzati dalla United States Federation of Brazilian Jiu Jitsu sono i più seguiti dai praticanti di questo sport e possono essere paragonati tornei storici tenuti in Brasile.
A: Cosa vuol dire essere presidente di una federazione così grande e con un nome così forte in America?
J: E’ una grossa responsabilità. Devo lavorare molto, anche se ho delle grosse soddisfazioni. Pensa che tutti gli istruttori che insegnano qui nell’Orange County provengono dalla mia federazione. Si è allargata molto in questi ultimi anni e ho avuto problemi con alcuni componenti della famiglia Gracie proprio per questa ragione perché non vogliono che la mia federazione raccolga così tanti atleti e maestri diversi.Ma io non seguo la loro politica. Sempre tramite la federazione ho avuto la possibilità di aiutare molti brasiliani a trasferirsi in America, offrendo loro un posto in cui insegnare, aiutandoli ad avere il visto, trovando loro lavoro tramite le mie conoscenze, rilasciando i diplomi di passaggio di grado per permettere loro di insegnare. Insomma ho lavorato molto. La mia federazione non si cura solo delle gare o delle competizioni, ma vuole che il jiu jitsu diventi uno sport forte, in continua crescita.
A: So che tutti gli istruttori della zona e non solo, ti rispettano molto. A che cosa è dovuto tale stima nei tuoi confronti? Te lo chiedo perché in Italia è completamente diverso: tra istruttori non c’è molto rispetto reciproco...
J: La ragione principale è che , come ti ho detto prima , cerco di aiutare tutti i miei affiliati e non solo loro. Cerco di essere il più disponibile possibile. Inoltre per fare si che il jiu jitsu cresca dobbiamo essere tutti uniti e non farci dividere da stupide rivalità. Da solo non posso sicuramente fare espandere questo sport.
A: Parlando dei match che hai sostenuto nella tua carriera di atleta, qual è stato il più duro?
J: Se devo essere sincero tutti i match sono stati relativamente facili, ciò che ho trovato molto duro è stato l’allenamento precedente agli incontri. Quello sì che è stato ed è sempre duro! Mi sono allenato con atleti grossi e forti come Marco Ruas, Kimo , Fabiano Iha , Tito e con ognuno di loro dovevo dare il 100%. Marco Ruas è quello che mi ha spinto a combattere nell’UFC 8. Negli allenamenti mi sono rotto due volte il naso, mentre negli incontri difficilmente sono stato colpito forte al viso.
A: E nel jiu jitsu?
J: L’ultima competizione che ho fatto nelle cinture nere risale a tre anni fa. Ho combattuto molto bene e in finale ho battuto un campione brasiliano. E’ stato duro perché dovevo mantenere alto il mio nome, che in America è molto conosciuto.
A: Molti ti chiamano “Professor Moreira”. A che cosa è dovuto tale titolo e puoi svelarmi il segreto su come hai fatto a rendere il tuo nome così importante?
J: La ragione principale per cui mi chiamano “Professor” è perché adoro insegnare e quando lo faccio cerco di trasmettere con il cuore, tutto quello che so…
A: Be’, io stesso posso confermarlo…
J: Grazie (sorride). Per quanto riguarda il mio nome che “cresce” è la conseguenza di quanto ho detto prima e del fatto che do tutto me stesso per il nostro sport e la gente questo lo capisce.
A: Secondo la tua esperienza qual’ è il metodo migliore per diventare un buon atleta di NHB o di Jiu jitsu? L’allenamento?
J: L’allenamento è sicuramente una parte importante, ma non è tutto se bastasse allenarsi sarebbero tutti dei campioni. La cosa che io credo sia più importante è condurre una vita regolare, senza eccessi di nessun tipo. In sostanza avere e mantenere un ottimo fisico , sano. Seconda cosa bisogna possedere una buana maturità, ossia, avere uno spirito forte. Al terzo posto metterei l’allenamento.
A: Parlando invece di grandi atlet,i chi è secondo te il miglior atleta nel Brazilian Jiu jitsu? Rickson Gracie?
J: Rickson era il migliore ai miei tempi. Era il mio idolo. Ho combattuto varie volte contro di lui e posso dire che per l’epoca era molto allenato. Ora ci sono atleti molto preparati .Il jiu jitsu di oggi è diverso da quello di una volta. Due atleti che mi piacciono molto sono Margarida e Tererè .
A: E nell’ NHB?
J: Il mio eroe è Marco Ruas, ma è un mito personale. Oggi un nome forte nel Vale Tudo che sta vincendo ogni incontro è Randy Couture. Randy è riuscito a battere campioni all’apice della loro carriera: ha battuto Vitor Belfort quando era fortissimo, ha sconfitto Pedro Rizzo quando nessuno voleva più combattere con lui perché considerato imbattibile, ha finalizzato Tito, Chuck Liddle , Maurice Smith. Insomma ha stravinto e continua a mantenere alto il suo nome nonostante abbia 40 anni.
A: Del torneo di Abu Dhabi cosa pensi?
J: E’ un ottimo evento, ma non è jiu jitsu. E’ ben organizzato ed è un’ottima opportunità per guadagnare soldi senza farsi male. L’anno scorso l’ hanno tenuto in Brasile ma non è stata la stessa cosa. Il torneo di Abu Dhabi deve essere disputato ad Abu Dhabi. In Brasile c’erano pochi stranieri che gareggiavano. Il prossimo anno si terrà probabilmente a Los Angeles.
A: Stai ancora combattendo nell NHB?
J: Si, avrò presto un match in Corea.
A: Come ti stai allenando per quell’appuntamento?
J: Tre ore al mattino di cui un’ora e mezza di esercizi cardiovascolari, per migliorare il fiato e un’ora e mezza di pesi. Nel pomeriggio mi alleno con Ruas due ore nelle proiezioni e nel lavoro in piedi e la sera altre due ore di jiu jitsu.
A: Come mai ti alleni con Marco?
J: Prima cosa è un ottimo coach. Se ti alleni bene con lui sei pronto per ogni combattimento. Seconda cosa siamo amici da molto tempo. Con lui mi trovo molto bene e ritorno ad essere un allievo. Non sono più il Joe Moreira Professor ma un semplice Joe Moreira studente (ride).
A: Che alimentazione segui?
J: Consumo 4 a 5 pasti al giorno.Quando mi alzo per prima cosa bevo un bel frullato di proteine in polvere. Poi a pranzo mangio pasta o riso, a metà pomeriggio delle barrette proteiche e a cena carne con delle verdure magari bollite. In genere mangio carne bianca ma ogni tanto mi concedo della pasta che mi aiuta a prendere sonno. Mi piace mangiare al fast food, ma purtroppo non posso permetterlo perché so che fa molto male (ride).
A: Prima di salire sul ring o di entrare nell’ottagono che sensazioni provi?
J: Se vuoi che sia sincero te lo dico: mentre cammino per raggiungere l’ottagono ho una voglia matta di vomitare (fa il gesto del conato), che termina quando chiudono la gabbia dietro le mie spalle.
A: Ti piace combattere nel’NHB?
J: Lo adoro. Provo delle sensazioni bellissime e indescrivibili a parole.
A: Preferisci combattere o insegnare?
J: Entrambi.
A: Cosa pensi del Vale Tudo oggi?
J: Innanzi tutto parliamo del termine: tradotto vuol dire vale tutto. Invece tutti gli eventi hanno ormai centinaia di regole da seguire che spesso penalizzano chi pratica jiu jitsu. Per quanto riguarda il suo sviluppo sono contento che oggigiorno tutti lo conoscano e tutti lo vogliano praticare anche se molti non hanno capito che per combattere in questa disciplina hanno bisogno di tre lementi: thai boxe per i colpi in piedi, lotta libera per le proiezioni e jiu jitsu per il lavoro a terra.
A: E del jiu jitsu di oggi, che opinione hai?
J: Quello di un tempo era più divertente da seguire perché si vedeva più gente arrendersi per sottomissione.Le regole di oggi lo hanno trasformato in uno sport in cui si va alla ricerca del punto e non della finalizzazione. Ciò è sbagliato. Sono comunque contento di vedere che si sta espandendo molto e sempre più paesi richiedono insegnanti qualificati.
A: Definiscimi queste tre specialità: Brasilian Jiu Jitsu, Vale Tudo e autodifesa.
J: Il Brasilian jiu jitsu è uno sport “autosufficiente”. Il vale tudo attinge, come ti ho detto , a un patrimonio “misto” di colpi , di lotta in piedi e a terra. L’autodifesa è fondamentale per persone che non sono interessate al lato sportivo del jiu jitsu o al Vale Tudo. Io insegno tutte e tre le cose ai miei allievi. L’autodifesa l’ ho chiamata “Joe Jitsu” perché insegno tecniche provenienti da altre arti marziali e dalle mie esperienze personali in Brasile. Ho insegnato varie volte la difesa da coltello e da altre armi alla LAPD (Los Angeles Police Department) e l’ho trovato estremamente divertente ed interessante.
A: Ho visto che stai preparando Kimo e altri atleti per i loro prossimo match. Che esercizi specifici fai fare?
J: Kimo e gli altri atleti si preparano la mattina da soli, facendo molti esercizi per aumentare la resistenza durante il combattimento (spinning, corsa, nuoto), mentre con me si allenano nella lotta e nel jiu jitsu. Stasera, ad esempio, farò fare un percorso a quattro postazioni in cui ci saranno: sprawl (tecnica per contenere un attacco alle gambe da parte dell’avversario), squat con salti, salto alla corda e lavoro ai colpitori. Tutto questo in round da cinque minuti con un minuto di recupero tra una ripresa e l’altra. A chi deve combattere nel NHB faccio fare molto sparring di lotta e colpi (kick e thai box ).
A: Che rapporto ti lega a Kimo e ai ragazzi che porti a combattere?
J: Kimo lo alleno da circa dieci anni, segue ogni mio insegnamento e consiglio, anche se ogni tanto mi fa arrabbiare, perché fa di testa sua e si dimentica di allenarsi o arriva in ritardo a molti appuntamenti. Spesso preferisce i parties agli allenamenti (ride). Allora tocca a me fargli la predica e strigliarlo un po’. E’ comunque un ottimo allievo e atleta.
A: A che età hai incominciato a insegnare?
J: Ho incominciato a tredici anni. In Brasile insegnavo ai bambini e alle cinture bianche.
A: Vorrai dire a diciotto?
J: No, a diciotto ero già cintura nera e insegnavo agli agonisti a competere.
A: Per vivere cosa fai?
J: Vivo nel e del jiu jistu. Do lezioni di gruppo, private, tengo seminari in America e in Europa, preparo gli alteti per i combattimenti e organizzo competizioni.
A: So che hai girato molte videocassette didattiche. In tutto quante?
J: Abbastanza (ride). Venticinque per la Panther Production, due con Rodrigo Gracie , cinque dedicate alla tecnica di passare la guardia (ndr: queste videocassette sono disponibili allo 011920…), cinque con Kimo e quattro con Michael Jen.
A: Quindi ritieni che una persona che conosca perfettamente le tecniche di quelle videocassette possa diventare una cintura blu o viola?
J: Si. Deve chiaramente allenarsi con un istruttore qualificato che gli spieghi alcuni dettagli a gli faccia fare molto sparring, ma comunque le tecniche sono quelle.
A: Puoi spiegare ai lettori in che cosa consiste il tuo esame di cintura blu (gli sorrido perché io lo conosco molto bene….)?
J: Innanzi tutto dura circa due ore e mezza. Richiedo l’esecuzione di molte tecniche e da numerose posizioni.
A: Puoi essere un po’ più preciso?
J: Quattro proiezioni eseguite ineccepibilmente, dieci tecniche di sottomissione dalla monta, dieci dalla guardia; quattro passaggi della guardia , quattro attacchi da dietro; tre difese dalla monta ; tre difese dalla monta da dietro. E qui finisce la prima parte. L’allievo però non deve solo saperle eseguire, ma deve anche saperle spiegare dettagliatamente. La seconda parte, in genere, si svolge il giorno successivo ed è fatta di tanto ma tanto sparring con cinture blu e poi viola. Infine richiedo concetti di Vale Tudo e saper passare da una posizione svantaggiosa a una vantaggiosa per poi finalizzare.
A: Progetti per il futuro?
J: Per ora cerco di insegnare, combattere per ancora un po’ di tempo e poi dedicarmi alla mia famiglia. In questi anni ho girato tutta l’America, ho organizzato molti tornei , ho diplomato molte cinture nere, lasciando da parte me stesso e la mia famiglia. Voglio poter dedicare più tempo a loro.
A: Cosa diresti a una persona che vuole cominciare ad allenarsi con te nel jiu jitsu?
J: Benvenuto, adesso ti mostro cos’è davvero il jiu jitsu.
A: Un consiglio?
J: Conducete una vita equilibrata e potrete competere o allenarvi intensamente fino a cinquant’anni. Helio Gracie ne è l’esempio vivente.
A: Grazie Joe.
J: Grazie a te e a Sphinx Magazine.