LOTTARE O NON LOTTARE? QUESTO E' IL DILEMMA.

Lottare o non lottare? Questa è la domanda più frequente tra i praticanti del Jeet Kune do. Molti si chiedono se sia utile praticare e imparare tecniche di proiezione e lotta a terra e se si possano poi davvero applicare in una situazione di reale pericolo.

In questi anni di studio ho avuto la fortuna di conoscere grandi personaggi delle arti marziali e ad ognuno di loro ho posto domande relative all’utilità dello studio di tecniche di lotta. I più tradizionalisti sostenevano che non si sarebbero mai trovati a terra perché avrebbero risolto il combattimento subito in piedi. Altri ,invece, sostenevano l’utilità delle tecniche di proiezione escludendo il lavoro al suolo perché contro più avversari non si sarebbero sicuramente messi a fare una leva al braccio. I praticanti di jiu jitsu brasiliano sostenevano la superiorità della loro arte e continuavano a farmi esempi di tornei No Holds Barred. Non ricevendo una risposta chiara decisi di ricercarla da solo: mi misi il gi (kimono) e incominciai a lottare con i migliori. Furono allenamenti estenuanti e tornavo a casa sempre tumefatto. Dopo qualche tempo però incominciai a notare un miglioramento delle mie prestazioni fisiche (fiato, tempismo, colpo d’occhio, velocità di esecuzione, sensibilità e coordinazione motoria) e delle mie capacità percettive. Quando combattevo con un avversario, o con più di uno, ero attentissimo e se mi trovavo nella cortissima distanza (clinch) riuscivo ad uscirne in fretta e a conquistare posizioni e spazi più vantaggiosi, mi posizionavo nella distanza ottimale per quel determinato combattimento ma soprattutto la mia sensibilità (capacità di sentire il mio corpo) era cambiata radicalmente. Così capii l’importanza delle tecniche di lotta e del “lavoro al suolo”. Da allora non ho smesso di lavorare nella corta distanza, di imparare a lottare al suolo e di migliorare la mia strategia combattiva. Proporzionalmente sono migliorate tutte le mie tecniche: offensive , difensive , con o senza le armi (bastone e coltello).

Dopo anni di studio sono giunto a studiare la Kinomutai (arte filippina che prevede morsi e pressioni ai centri nervosi) che mi ha permesso di sopraffare lottatori più bravi di me , facendoli uscire dal loro “scenario abituale”. Ad oggi ritengo la lotta di fondamentale importanza per ogni allievo o istruttore che voglia essere completo ed funzionale in ogni distanza del combattimento.